lunedì 30 settembre 2013

IrruenteMente, PER TE

Questa mia ipersensibilità continua a recepire aria salata...Come sulla punta del naso. Mi dice che uno sfarfallìo è in atto e percepisce il cambio del vento...
Forse ci si sta solo stroppicciando dopo la bufera, per poi gettarsi in mare, di nuovo, ancora più energici...Sento che tra qualche tempo, infatti, navigherò in mare aperto e mi sentirò molto più libera.

Oppure sta ricapitando...? Infatti, a tratti, sento quella sensazione già avuta quando ti eri chiuso e avevi scelto che, per noi, conoscersi fosse troppo complicato. Forse è questo? Ti stai chiudendo?
Io non desidero chiudermi, anzi, voglio agire contro ogni tipo di spinta anomala che voglia questo per strani fini di autoconservazione (che poi: chissà se "blindarsi nel di dentro" porti davvero a proteggersi...). E penso quindi che se, anche solo per non tediarti, smetto di lasciar fluire i pensieri da me a te (belli, strani o complessi che siano) ci tolgo la possibilità di comunicare, di conoscerci, di comprenderci... Anche da qui a lì...

E ancora...Ultimamente conto sempre fino a tre, poi ti scrivo. Perchè voglio che tu abbia spazio, perchè non voglio essere invasiva o ingombrante...ma alla fine da tre arrivo a sei e dentro di me freme la voglia di trovare qualche inezia su cui fantasticare, da condividere, per cui sorridere. Esplode la voglia d'intasarti la posta e dirti tutto...descriverti i cieli dentro di me, con i loro chiaro-scuri.

Tali fili luminosi, per me, hanno senso...e ci legano piano piano come le corone di fiori. Con semplicità. E se sapessi che tu ci sei, continuerei a farlo fino a perdere quella strana sensazione che tutto questo tu non voglia vederlo nel profondo...

Infine, ho bisogno di sentirti. Che non è necessariamente un sentirsi "telefonico"...ma "emotivo". Ho bisogno di percepire la geografia di ciò che ti muove dentro, quel nucleo che vibra e che ride e che è vivo sempre, anche quando dormiamo o non ci siamo per nessuno e di sentirlo interagire con il mio.



"E poi parlavano e parlavano. Parlavano di cose che non avevano mai chiesto a nessuno - i pomeriggi sdraiati sul tappeto, o seduti in cortile, a raccontarsi le estati passate e i trasalimenti per i domani di pioggia (...). Se ne stavano anche zitti ogni tanto. Abbracciati sul letto, i respiri che andavano su e giù. (Erano i silenzi più lenti e maledettamente intensi che il vecchio Alex avesse mai ascoltato)"


Ti abbraccio

giovedì 14 febbraio 2013

La lettera d'amore


                                                                                        

Cara capra
come ci si innamora? Si casca? Si inciampa, si perde l'equilibrio e si cade sul marciapiedi, sbucciandosi un ginocchio, sbucciandosi il cuore? Ci si schianta per terra, sui sassi? O è come rimanere sospesi oltre l'orlo di un precipizio, per sempre?
So che ti amo quando ti vedo, lo so quando ho voglia di vederti. Non un muscolo si è mosso. Nessuna brezza agita le foglie. L'aria è ferma. 
Ho cominciato ad amarti senza fare un solo passo. Senza neanche un battito di ciglia. Non so neppure quando è successo. Sto bruciando. E' troppo banale per te? No, e lo sai. Vedrai. E' quello che capita, è quello che importa. Sto bruciando. Non mangio più, mi dimentico di mangiare, mi sembrauna cosa sciocca, che non c'entra. Se ci bado. Ma non bado a niente. I miei pensieri straripano furiosi, una casa piena di fratelli, legati dal sangue che si dilaniano in una faida

"Mi sto innamorando"
 "Tipica scelta stupida"
"Eppure..... l'amore mi tormenta come fosse dolore"
"Sì, continua così, manda a puttane la tua vita. E' tutto sbagliato e lo sai. Svegliati. Guarda le cose in faccia".
"C'è una faccia sola, l'unica che vedo, quando dormo e quando non dormo".
Stanotte ho buttato il libro dalla finestra. Ho provato a dimenticare. Tu non vai bene per me, lo so, ma quello che penso non mi interessa più, a meno che non pensi a te. Quando sono accanto a te, davanti a te, sento i tuoi capelli che mi sfiorano la guancia anche se non è vero. Qualche volta guardo altrove. Poi ti guardo di nuovo. Quando mi allaccio le scarpe, quando sbuccio un'arancia, quando guido la macchina, quando vado a dormire ogni notte senza di te, io resto    

                           come sempre                         
                           Montone


da "La lettera d'amore" di Cathleen Schine

martedì 12 febbraio 2013

Le parole che non so ritrovare

Quando ero piccina scrivevo di continuo. Era uno strano rapporto amoroso, quello con la carta, che mi spronava a consumare quaderni, agende, libretti e libricini. Masticavo pagine e matite, inchiostro e dita...Usavo riempire ogni pagina di racconti ma anche disegni e fotografie.

La mia vita era fatta di parole luminose e colorate, sospese tra i fotogrammi scattati con quella vecchia Polaroid che appendevo al collo e con cui registravo qualsiasi immagine rigogliosa che i miei occhi ingenui sapessero raccogliere. Poi integravo diari e racconti con linee fantasiose tracciate con carboncini, chine e disegni a matita.

La carta mi chiamava a sé come il nettare primaverile fa con le sue api e, in preda ad un inspiegabile estro, mi lasciavo trascinare dalla smania di dire.

Il rapporto con le mie stesure era però assai burrascoso; non era certo infrequente che distruggessi i miei scritti. Capitava infatti di sentirmi turbata dalla povertà che, rileggendo le tanto agognate elaborazioni a distanza di tempo, inevitabilmente vi ritrovavo.

Ricordo che durante l'adolescenza il tragitto in autobus da scuola a casa era il più proficuo. Avevo una mezz'ora tutta per me, intima e profonda. Gli scorci del lago tagliavano velocemente il mio orizzonte e con un blocchetto appoggiato alle ginocchia tracciavo linee traballanti sulla carta riciclata. Costruivo frasi solitarie, spesso ripide e malinconiche, volte a sagomare gli stati d'animo effimeri dei miei ritorni a casa.

Tutto è cambiato con gli ultimi anni di liceo, quando verso la fine del quarto anno Tu mi sei mancata ed hai trascinato via con te tutte le mie parole, le mie polaroid, le mie matite e le mie chine. I fotogrammi  persero i loro toni ed io non trovai più verbo da tramutare in lettere. 

Non ne conosco il motivo ma so per certo che scrivere, era divenuto tremendamente doloroso e inutile e vuoto e lontano.

Ancora oggi mi sento così. Per quanto io ci provi, mi sento ancora mimetizzata e costretta da quel lontano senso di vuoto, senza respiro e senza dita. Lontana da quei momenti gelidi ma ancora tanto vicina da sentirli ansimare dietro di me. Quasi mi rincorressero.

Vorrei tanto che un giorno, le mie parole tornassero a casa.



N.B.







sabato 9 febbraio 2013

La tua relazione con me


La tua relazione con me non è come lavorare la creta,
apprezzo i tuoi sforzi di dipingermi, 
ma copri i miei difetti con allarmismo. 
D’accordo parlo poco, 
ascolta il mio ascolto, 
il silenzio che ti regalo
o la bellezza di questa giornata di pioggia.
Se pensi che mi offendi quando mi chiami pane e olio sbagli, 
anzi mi piace essere un gusto semplice però non credere che io non sia capace d'altro. 
Guardare è uno stato mentale,
una visuale completamente personale, 
che rende vario e straordinario ogni momento.


venerdì 13 aprile 2012

Una giornata diversa


(sottofondo consigliato) :)


Questa mattina il cielo di Milano promette una giornata di pioggia.

Mi riporta alla mente la vita londinese in cui, con cadenza quotidiana, le nubi si facevano improvvisamente veloci e correvano nel cielo ad abbracciarsi. Tale precipitoso affastellarsi scatenava minuscole e tintinnanti gocce sull’asfalto corrugato di Oxford Street. Una questione di manciate di secondi, eh: miriadi di ombrellini colorati si riversavano poi nelle strade della city senza provocare disagio alcuno. Era come assistere al realizzarsi di un gioco di colori ad olio sulla disordinata tavolozza di un pittore...




Milano è diversa: nessun gioco, pochi colori. Molto traffico. La metro diviene in pochi istanti umidiccia e impraticabile mentre, nelle strade, i milanesi nervosi e frettolosi restano ore nel traffico. Gesticolanti e agitati tirano colpi di clacson simili alle manovre di un chierichetto che, nel giorno di gran festa del paese, tenta di stonare la sua prima melodia con le campane della chiesa. 
A Milano il tocco della pioggia rende fradici dentro. Credo sia correlato al fatto che in questa città non ci si possa mai fermare; neppure con un diluvio, un uragano o un ipotetico tsunami. Si deve restare focalizzati sull’obbiettivo: fare, concretizzare, concludere, correre rapidamente verso il nuovo cliente, la scadenza, il vertice della produttività.
Questa è la primissima volta in cui, in una giornata di questo tipo, mi fermo a pensare. 
Anzichè farmi risucchiare dal caos innescato dalle intemperie, mi concedo di crogiolarmi nella tranquillità dei pensieri in divenire tentando di ripristinare la gerarchia interna che ho perduto.
Da dove cominciare a ricostruirsi?
Ricomincio. Da. Qui.
N. Bonnet


martedì 10 aprile 2012

Analfabetismo Emozionale

   
 Come siamo arrivati a respingere le emozioni? 
La capacità di percepire è il principale elemento che distingue l'uomo da qualsiasi essere decerebrato. Siamo insindacabilmente a corto di capacità di sentire e non ce ne vergognamo, perché?

Vittorino Andreoli ne L'uomo di superficie scrive: 
"Non abbiamo più sogni, non coltiviamo progetti, non sopportiamo il silenzio, facciamo rumore per vincere la solitudine, sradicati come siamo dalle nostre origini, incapaci di amare, di insegnare ai nostri figli e di imparare dai nostri padri. E siamo pieni di paura."  

E' questo quello che siamo giunti ad essere pur di soffrire meno la precarietà delle nostre vite?
Raffinarsi, costruirsi, migliorarsi, protendere verso una versione più accettabile di sé può evolversi nel drammatico riadattamento di un cliché fasullo, completamente privato della sua dimensione di verità e di sostanza.
 E cosa resta?


Quando odo i passi delle emozioni che non ci sono più, nascoste sotto la spessa lastra di ghiaccio che mi divide dal passato, ho nostalgia della me che ancora sapeva emozionarsi e descrivere al mondo la poesia del proprio sentire.


  N.Bonnet

lunedì 9 aprile 2012

Incipit


Ci si dà meno da fare per conquistare la felicità che per credere di possederla -Ahete di Saint-Réal

Quante volte abbiamo rincasato la sera con la sensazione di non aver raccolto soddisfazioni nella nostra giornata? Quante volte abbiamo provato un groviglio inestinguibile nel petto per non essere riusciti ad esprimere noi stessi, a concretizzare un progetto, a realizzare ciò per cui, la stessa mattina, ci eravamo svegliati con piglio entusiasta?

Forse troppe volte.

Eppure abbiamo almeno un milione di motivi per riprovare ogni giorno ed aggrapparci al potenziale inesplorato delle nostre vite trasformandolo in una nuova possibilità. 

Essere capaci di osare è talvolta la giusta via per lasciare alle spalle l'incubo di una cattiva giornata, la disistima del giorno prima e, ahimè, la sensazione di essere perseguitati da sfighe diagonali.

Non è necessario procurare l'infelicità ai nostri nemici per sentirci affermati, tuttavia... Non pensate sia necessario combattere per evitare di essere drammaticamente rasi al suolo?

Una delle armi più grandi che l'uomo possieda per sopravvivere a tali giornate dal cielo di ghisa è il mondo delle idee, quello dell'immaginazione, della creativià e del sogno. Siate FELICI! Imparare a sognare è il primo passo per camminare nella realtà senza farsi annichilire.

M a perché rubare qualcosa che è già suo? 
Beh non vorrà mica che rubi qualcosa che non sia mio, non sarebbe corretto. - How to steal a million

N.Bonnet