martedì 12 febbraio 2013

Le parole che non so ritrovare

Quando ero piccina scrivevo di continuo. Era uno strano rapporto amoroso, quello con la carta, che mi spronava a consumare quaderni, agende, libretti e libricini. Masticavo pagine e matite, inchiostro e dita...Usavo riempire ogni pagina di racconti ma anche disegni e fotografie.

La mia vita era fatta di parole luminose e colorate, sospese tra i fotogrammi scattati con quella vecchia Polaroid che appendevo al collo e con cui registravo qualsiasi immagine rigogliosa che i miei occhi ingenui sapessero raccogliere. Poi integravo diari e racconti con linee fantasiose tracciate con carboncini, chine e disegni a matita.

La carta mi chiamava a sé come il nettare primaverile fa con le sue api e, in preda ad un inspiegabile estro, mi lasciavo trascinare dalla smania di dire.

Il rapporto con le mie stesure era però assai burrascoso; non era certo infrequente che distruggessi i miei scritti. Capitava infatti di sentirmi turbata dalla povertà che, rileggendo le tanto agognate elaborazioni a distanza di tempo, inevitabilmente vi ritrovavo.

Ricordo che durante l'adolescenza il tragitto in autobus da scuola a casa era il più proficuo. Avevo una mezz'ora tutta per me, intima e profonda. Gli scorci del lago tagliavano velocemente il mio orizzonte e con un blocchetto appoggiato alle ginocchia tracciavo linee traballanti sulla carta riciclata. Costruivo frasi solitarie, spesso ripide e malinconiche, volte a sagomare gli stati d'animo effimeri dei miei ritorni a casa.

Tutto è cambiato con gli ultimi anni di liceo, quando verso la fine del quarto anno Tu mi sei mancata ed hai trascinato via con te tutte le mie parole, le mie polaroid, le mie matite e le mie chine. I fotogrammi  persero i loro toni ed io non trovai più verbo da tramutare in lettere. 

Non ne conosco il motivo ma so per certo che scrivere, era divenuto tremendamente doloroso e inutile e vuoto e lontano.

Ancora oggi mi sento così. Per quanto io ci provi, mi sento ancora mimetizzata e costretta da quel lontano senso di vuoto, senza respiro e senza dita. Lontana da quei momenti gelidi ma ancora tanto vicina da sentirli ansimare dietro di me. Quasi mi rincorressero.

Vorrei tanto che un giorno, le mie parole tornassero a casa.



N.B.







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